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Tra i due litiganti, come da proverbio, il terzo gode: gli occhi erano infatti puntati su Bohemian Rhapsody e Black Panther, che si contendevano la palma dell' “Oscar che può piacere anche al pubblico”, ma a spuntarla a sorpresa è stato invece Green Book, l'unico film effettivamente in grado di unire gli opposti (in sala sta andando molto bene e anche a noi è piaciuto parecchio ;)
La storia dell'amicizia agli antipodi fra il rozzo italo-americano Tony Villalonga e il raffinato musicista black Don Shirley nell'America del Sud degli anni Sessanta è infatti sia un titolo “tradizionale” che popolare, sia una classica “formula da Oscar” che una pellicola piena di raffinatezze e umanità, sia un “film d'attori” che un'opera che non ti aspetteresti dall'un tempo pecoreccio Peter Farrelly!
Spiace che una fetta della torta non sia finita in mano anche a Viggo Mortensen, che ci ha regalato un Tony memorabile nella sua infinita gamma di risorse, ma – e qui le previsioni sono state rispettate in pieno – era impossibile battere la “macchina da guerra” Bohemian Rhapsody: Biopic (ovvero genere prediletto per gli Oscar agli attori) + icona (Freddy Mercury) + sindrome da “premiamo la scoperta” (Rami Malek) + Incassi stratosferici per il film + Protesi (dal naso di Nicole Kidman ai denti di cavallo di Malek) = vittoria blindata!
Meno bene che lo stesso film si sia portato a casa gli altri Oscar più tecnici, perché di fronte a Il primo uomo, tutto costruito sul suono e su una resa pazzesca degli effetti audio, il biopic musicale fa la figura del piccolo film che in fondo è (ma diciamo che il premio “sonoro” era l'unico modo per rendere un qualsivoglia e laterale omaggio alla leggenda dei Queen e alla loro musica). Noi siamo comunque contenti che a presentare la pellicola siano stati i redivivi Mike Myers e Dana Carvey, Fusi di testa per sempre! :-)
Altrettanto prevedibile era la logica di “spartizione” che ha comodamente parcheggiato Roma nel girone del Film Straniero, lasciando libera la casella principale. E in questo modo, gli attenti equilibri dell'Academy, sono riusciti a non darla vinta a Netflix fino in fondo, giusto per placare le polemiche fra il cinema e in sala e quello in streaming (fermo restando che il bellissimo film di Alfonso Cuarón, per fortuna, un'uscita almeno tecnica su grande schermo da noi l'ha avuta lo stesso).
Resta un po' a bocca asciutta il grande favorito... La favorita (nomen omen!), che però si porta a casa il premio più bello, quello all'attrice Olivia Colman, che ci ha anche regalato il discorso di ringraziamento più sbarazzino e felice, in una cerimonia per il resto particolarmente noiosa e impostata.
Già, non è questione di mancanza del presentatore, anche perché il fulmineo numero iniziale con Tina Fey, Maya Rudolph e Amy Poehler, insieme all'esibizione dei Queen hanno portato a casa il risultato. No, il punto è che nella gestione attentissima degli equilibri e nel rispetto delle minoranze (mai vista tanta varietà etnica sul palco), la cerimonia non ha avuto momenti davvero memorabili o esplosioni di particolare vitalità. Due le eccezioni: Melissa McCarthy che presenta i costumi “farcita” di coniglietti di pezza e l'abbraccio “acrobatico” del grandissimo Spike Lee all'amico Samuel L. Jackson!
La vittoria di Lee è uno dei due premi che ci piacciono di più. L'altro è quello al miglior film di animazione, andato a Spider-Man: Un nuovo universo. Adoriamo questa statuetta per almeno tre motivi:
Il film è un capolavoro
Finalmente non ha vinto la Disney
Il film è un capolavoro
Ho scritto che il film è un capolavoro? :-)
E aggiungerei che sebbene Black Panther abbia comunque fatto la storia (prima volta che un cinecomic Marvel vince ben tre premi), è Spider-Man ad aprire nuove e esaltanti possibilità per i supereroi sullo schermo, riparando anche all'ingiusta mancata nomination di LEGO Batman di qualche anno fa ;)
Quindi P come Previsioni, come Polemiche e come Premi, cosa manca? La Politica: tanta quest'anno, evocata nelle gag, nei ringraziamenti e nelle figure stesse degli ospiti... perché il premio popolare può anche essere impegnato. Però in questo senso un presentatore un po' “guastatore” come poteva essere il Billy Crystal dei tempi d'oro, avrebbe allora giovato, per rendere più fluido il discorso e per sdrammatizzare un po'. Anche perché è l'ironia il vero grimaldello del cinema americano contemporaneo: Green Book è diretto da un autore di commedie (Peter Farrelly), Vice da un comico (Adam McKay), Blackkklansman è prodotto da un altro comico (Jordan Peele) e tanto umorismo corrosivo c'è anche ne La favorita. Forse è proprio questo elemento che manca a Black Panther e Bohemian Rhapsody (e anche a Roma per esser sinceri) e perciò ha impedito loro di ambire al gradino più alto del podio.
Infine una nota musicale con A Star Is Born, perché il premio a Lady Gaga vale quanto una vittoria completa e perché l'esibizione di “Shallow” con Bradley Cooper è stata per molti l'highlight assoluto della serata:
Period. End of Sentence.: Miglior Cortometraggio Documentario
Skin: Miglior Cortometraggio
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