posted: 25.04.2005 @ 16:26 |
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Mario Bava: Maestro of the Macabre
25 Aprile 2005: ricorrono i 25 anni dalla morte del Maestro
La data in sé lascia trasparire una coincidenza che forse gli sarebbe piaciuta: il 25 aprile 2005 ricorrono i 25 anni della morte di Mario Bava.
Ricorda il figlio, Lamberto:
"Morì d'infarto, di notte. Mi hanno telefonato e mi hanno detto che era morto. Io l'avevo visto il venerdì, stavamo preparando Star Express che avremmo dovuto girare a quattro mani, un film abbastanza grosso. (...) Ricordo che il venerdì sera ci salutammo e ho in mente l'immagine di mio padre che si allontana con il loden sulla sua macchina. Il sabato notte io ero andato fuori, al mare, e mi arrivò una telefonata alle due, da mia sorella, per dirmi che mio padre era morto. Aveva sessantasei anni. Penso che per lui sia stato meglio così: se n'è andato ancora piuttosto giovane, pieno di forze e di vita. Era un uomo che avrebbe sofferto molto della vecchiaia, penso. E' tutto coerente, la sua vita e la sua morte: se n'è andato via "senza rompere le scatole a nessuno", come avrebbe detto lui. Morì il 25 aprile, anniversario della liberazione."
(Lamberto Bava, da 'Genealogia del delitto' allegato alla rivista Nocturno Cinema nuova serie n.24 - Luglio 2004)
Un anniversario utile per fare il punto della situazione su un autore importante, molto stimato, poco capito e di cui ancora dobbiamo completamente re-impadronirci, dopo che per interi decenni la sua fortuna è stata quasi totalmente estera.
Procediamo per gradi: Mario Bava nasce a Sanremo nel 1914, figlio di Eugenio Bava, inventore, artista poliedrico e direttore della fotografia nonché, si mormora, ex collaboratore dei fratelli Lumière. Grazie a lui il futuro regista de La maschera del Demonio impara l'arte del fare cinema, con pochi mezzi, tanto ingegno e l'entusiasmo che 'si appagava dei risultati ottenuti e non dei soldi che si sarebbero potuti ottenere'. Siamo, in fondo, in un'epoca di pionieri, dove tutto è ancora da scoprire e definire per bene e così la concezione che poi accompagnerà Mario per il resto della vita è quella del cinema 'artigianale', legato a una pratica risoluzione dei problemi con il poco che si ha a disposizione e senza mai rivendicare per sé uno statuto di 'genio', complice un'educazione orientata all'umiltà estrema e al non vantarsi mai dei risultati. Il resto lo fanno le passioni, soprattutto quella per la pittura e per la letteratura - quella classica, ma anche la nuova narrativa 'pulp'.
Alla fine degli anni Trenta, dopo un periodo trascorso all'Istitituto Luce come autore dei titoli italiani per le pellicole estere, avviene l'esordio cinematografico come operatore e poi, seguendo le orme paterne, come direttore della fotografia. In queste vesti Bava lavora con autori del calibro di Francesco De Robertis e Roberto Rossellini, in quelli che saranno i primi esempi di cinema neorealista. In seguito la sua professionalità lo porta ad emergere e a diventare uno dei più validi professionisti del settore, richiesto da nomi come Steno e Mario Monicelli.
Di Bava tutti lodano la velocità, la versatilità e la grande capacità di risolvere ogni problema. Nell'ambito del cinema più spettacolare Bava mette in evidenza anche un'altra grande capacità ereditata dal padre: quella di elaborare i 'trucchi', cioè quelli che oggi si chiamerebbero gli effetti speciali. In particolare la sua mano si vede nei peplum realizzati da Pietro Francisci (Le fatiche di Ercole [1957] e Ercole e la regina di Lidia [1959]) e nei primissimi Horror italiani di Riccardo Freda (I vampiri [1957] e Caltiki il mostro immortale [1959]). La leggenda vuole che per molti titoli, soprattutto per quelli appena citati, Mario fu ben più di un semplice direttore della fotografia o un tecnico degli effetti speciali, arrivando anche a dirigere intere porzioni dei film. Una celebre voce, attribuita a Freda, vuole che Bava girasse mentre Francisci dormiva. Nel caso di Caltiki, poi, lo stesso Freda ammise sempre che il film era da attribuirsi quasi totalmente a Bava che, per creare il mostro del titolo (chiaramente ispirato a Blob) usò comune trippa da macellaio (che alla fine andò a male rischiando di soffocare la troupe per il cattivo odore).
Alla fine, per premiarlo del suo lavoro, la casa di produzione Galatea gli offrì una regia e la scelta cadde su un Horror, La maschera del Demonio. Il resto, come si dice, è storia.
Durante la sua carriera Mario fu osannato all'estero (e più di recente portato in trionfo da una classe registica che annovera nomi del calibro di Joe Dante, Martin Scorsese, John Carpenter, il 'solito' Tarantino, Tim Burton, John Landis) e snobbato in patria, dove il suo lavoro fu riconosciuto solo da una ristretta cerchia di cinefili e anche, particolare meno noto, da alcuni circoli intellettuali. Non è un mistero, in fondo, che, fresca di Coppa Volpi per il Teorema di Pasolini, Laura Betti gli si propose e lavorò con lui ne Il rosso segno della follia e Reazione a catena.
Ciò che rende i lavori di Bava unici e ancora oggi degni di nota
è la loro sostanziale anarchia, il loro sfuggire a qualsiasi classificazione. Basterebbe già notare la varietà di generi attraversati per
rendersi conto che non siamo di fronte a un autore canonizzato: horror, thriller, fantascienza, ma anche peplum, avventuroso, commedia, cinecomic.
Nello stesso tempo le strutture narrative sono spesso contorte, tendono quasi a sabotare l'idea di linearità e procedono per accumulo di atmosfere che passano senza soluzione di continuità dall'onirico, al grottesco, allo scioccante.
Sostanzialmente la sua carriera annovera 23 regie 'ufficiali' e si può dividere in tre fasi: la prima va da La Maschera del Demonio (1960) a I coltelli del vendicatore (1966), ed è più 'narrativa', cioè si nota una certa attenzione alla storia che si sta raccontando. In questa fase si distinguono alcune celeberrime invenzioni visive come gli zombi volanti di Ercole al centro della Terra (palese fonte di ispirazione per i fantasy hongkonghesi degli anni Ottanta) o la lava dello stesso film ottenuta con la... polenta! In questa fase Bava inventa inoltre il 'giallo all'italiana', dalle morti cruente e dalle tinte sgargianti, fornendo un preciso modello per le future opere di Dario Argento, considerato il padre del genere.
La seconda fase, che va da Diabolik (1968) a Lisa e il Diavolo (1972) è invece totalmente antinarrativa, le storie 'esplodono' in un caleidoscopio di colori e salti narrativi vertiginosi. Ad esempio Diabolik, ispirato al celebre fumetto, vede Bava sbizzarrirsi in una serie di invenzioni che danno vita a uno stile apparentato da alcuni critici alla pop-art di Andy Warhol. In Cinque bambole per la luna d'agosto (ispirato in parte a 'Dieci piccoli indiani' di Agatha Christie) troviamo invece una giovane e già bellissima Edwige Fenech.
La terza fase, molto breve, inizia con lo sfortunato e poco visto Cani arrabbiati (1973), termina con il televisivo La Venere d'Ille (1978) e vede in azione un Bava più concreto, realistico nello stile e nella fotografia, ma sempre attento a contaminazioni con un fantastico indefinito (i
fantasmi di Shock, la statua 'viva' - ma che non si vede mai in azione -
dell'ultimo film).
Su tutte e tre domina la mano di un grande creatore di atmosfere, capace di dare vita a mondi incredibili conquistando lo sguardo prima ancora che la mente.
Ovviamente il problema principale sta nella scarsa visibilità dei suoi film: d'altronde nella tv odierna è possibile anche solo pensare a una trasmissione prime-time di film come Cinque bambole per la luna d'agosto?
Per fortuna il dvd cerca di venire in nostro aiuto, ma allo stato attuale soltanto 7 dei suoi film (con l'eventuale aggiunta dell'Odissea televisiva nella quale ebbe un ruolo fondamentale) sono disponibili su supporto digitale: La Maschera del Demonio (ottima edizione RHV), Sei donne per l'assassino (nella pessima versione da edicola della shendene&moizzi), Le spie vengono dal semifreddo (per IIF/01), Quante volte quella notte (in versione fullscreen ma integrale per Emifilm) e le tre uscite della Raro Video, le migliori per quanto riguarda gli extra, cioè Lisa e il Diavolo (insieme alla versione rimontata dal produttore, La casa dell'esorcismo), Gli orrori del castello di Norimberga e Reazione a catena. Fortunatamente il mercato dell'Import europeo e americano può fornire un enorme aiuto ai collezionisti, prodigo com'è di titoli interessanti in ottime edizioni.
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A presto con nuove, curiose anticipazioni!
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Cafè 2.5 - I vostri commenti... |
Mario Bava: Maestro of the Macabre
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Mario Bava [Mario Bava: Maestro of the Macabre] | By: Ricky
Posted: 04.05.2005 @ 21:08
| Ciao Maestro, ovunque tu sia. |
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Re: Bava è IL gotico italiano [Mario Bava: Maestro of the Macabre] | By: Giov
Posted: 02.05.2005 @ 01:56
| Approfitterei per ricordare il terzo anello del gotico italiano, anch'egli mai ricordato abbastanza e con l'aggravante di non avere ancora beneficiato della rivalutazione artistica concessa a Bava e Freda: Antonio Margheriti.
Di certo non si tratta di un regista del livello di Bava, ed è anche vero che tra i tre Maestri è forse l'unico che ad un certo punto della sua carriera è sceso a qualche compromesso di troppo... Ma nulla toglie che anche lui abbia contribuito a quell'epoca d'oro con gemme dal titolo LA VERGINE DI NORIMBERGA, LA MORTE NEGLI OCCHI DEL GATTO, DANZA MACABRA ed altro ancora. Spesso si trattava di gotici atipici, perchè ambientati ai giorni odierni, ma il meccanismo funzionava eccome!
Di lui consiglio soprattutto il primo dei suoi film da me citati, LA VERGINE DI NORIMBERGA, un giallo-gotico con spiccate venature horror. Con Christopher Lee. |
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Bava è IL gotico italiano [Mario Bava: Maestro of the Macabre] | By: Glauco
Posted: 02.05.2005 @ 00:48
| Cronologicamente hai ragione, "I vampiri" è del '57. Ma non intendevo tanto in quel senso: per un bavoso come me (:D) Bava è IL gotico italiano. ;)
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