posted: 17.07.2003 @ 21:57 |
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Le ultime parole famose: storie di doppiaggi e ridoppiaggi!
Parla Roberto Morville, Creative Director di Buena Vista International
Dopo il nuovo doppiaggio di E.T. - L'Extraterrestre e di C’era una volta in America abbiamo chiesto aiuto a Roberto Morville, Creative Director di Buena Vista International, responsabile dell'edizione italiana di film come Armageddon, The Rock, Il Sesto Senso, Monsters & Co., Pearl Harbor, Signs, Shaolin Soccer, Chicago, The Hours, Alla ricerca di Nemo per capire cosa significa ridoppiare un film visto che è stato proprio lui ad iniziare questa ‘moda’ nel 2001 con Apocalypse Now Redux!.
Roberto Morville è, infatti, un vero e proprio artista, un artigiano della parola cui dobbiamo alcuni dei nostri momenti migliori al cinema. Il suo lavoro è quello di adattare i film dalla versione originale all’italiano, non tradendo mai lo spirito originale e soprattutto avvicinando ad un gusto e ad una sensibilità europea le produzioni americane. In più è sua la ricerca delle voci italiane più adatte a rendere al meglio il lavoro di attori e doppiatori d’oltreoceano. Il suo segreto? Parlare correttamente tre lingue e amare moltissimo il Dvd che vede – sempre – in versione originale.
Lei ha ri-doppiato Apocalypse Now Redux! . Perché?
Non avevamo i diritti della colonna audio originale. Inoltre, visto che la nuova versione era più lunga, ci saremmo dovuti mettere in moto per trovare il cosiddetto ‘premix’ ovvero il master con le singole voci separate in modo di poterle missare – eventualmente – con nuovi spezzoni.
Quali sono stati i criteri guida che l’hanno ispirata nel nuovo doppiaggio?
Non potevamo tenere conto solo della versione originale in inglese. Il pubblico – soprattutto riguardo un film di culto come quello – ha nelle orecchie un certo tipo di suono e di dialogo che – per quanto datato – risale all’uscita del film. L’ispirazione è stata quella di cercare di rendere giustizia con la tecnologia di oggi e il materiale umano a quel tipo di suono e di dialogo.
Il suo è stato un approccio ‘filologico’?
Sì, perché fortunatamente il direttore del doppiaggio dell’epoca - Renato Izzo – è ancora un uomo in gamba che ci ha dato una mano. Poi anche Vittorio Storaro che di quel film era il direttore della fotografia ci ha elargito prima qualche consiglio eppoi non poche lodi.
E’ una forma di sensibilità che lei si sente di consigliare?
Ove possibile certamente. Bisogna avvicinarsi il più possibile alla fonte. Parlare con i tecnici, con i direttori del doppiaggio con gli attori del passato…
Che, però, non si possono riutilizzare…
La voce cambia nel corso del tempo. E’ pressoché impossibile che un attore possa ridoppiare lo stesso personaggio a distanza di tanti anni nello stesso film.
Oggi si parla di ‘nuovo doppiaggio’. Quali sono le differenze principali con il passato?
La scuola di doppiaggio è molto cambiata. Lo stile di recitazione si è evoluto non solo dal punto di vista linguistico, ma anche sotto il profilo della scelta delle voci e della loro impostazione non più teatrale o declamata, ma con più di una sporcatura per renderle forse meno fascinose, ma certamente più reali. Questi cambiamenti, però, spesso passano inosservati se vengono considerati giorno per giorno. Come per le foto dei nostri figli, quando vediamo gli scatti di quando erano piccoli, solo allora ci accorgiamo del tempo che è passato. Una ventina di anni fa fu introdotto un tipo di recitazione più ‘buttato’, vicino al linguaggio parlato e non più aulico o stereotipato. Gli attori non sono stati più scelti per il loro vocione stentoreo, bensì per la capacità di interpretare al meglio le sfumature...
Lei ama i vecchi doppiaggi?
Sì, ma come spettatore. Come professionista non posso che considerarli datati.
Attori come Brando e Bogart sono stati completamente falsati dal doppiaggio…
E’ vero. Ma questo è capitato un po’ con tutti. Il vecchio doppiaggio non accettava che un lead man come Marlon Brando potesse avere una ‘vocetta’. Che – eppure – era la sua. Anche Bogart aveva dei problemi di pronuncia. Ma era pur sempre diventato Bogart…
Quindi c’era una sorta di tradimento. Anche se – sia ben chiaro – quel tipo di scuola rispecchiava i gusti e le abitudini di un tempo, così come la radio e la televisione dell’epoca. Sarebbe ingiusto definire ‘sbagliato’ quel tipo di doppiaggio. Apparteneva a quell’epoca e a quel mondo.
Un po’ quello che succede oggi con Richard Gere…
Effettivamente Richard Gere ha subito un po’ la stessa sorte. Non si è accettato che un bell’uomo come lui non possa non avere una voce calda e profonda, ma piuttosto ‘da caratterista’.
Oggi tramite la versione originale del Dvd ci accorgiamo che mentre i dialoghi inglesi di tanti film degli anni Trenta e Quaranta sembrano essere ancora attuali, quelli in italiano risultano – addirittura – antiquati. Perché?
Perché l’originale è l’originale e questo lo rende imbattibile. L’originale funziona in maniera autonoma, mentre il doppiaggio è un compromesso, quindi una forzatura. Alcune hanno ragioni di essere, altre no. Il tempo – alla fine – è sempre galantuomo e così oggi possiamo capire un po’ l’esito del doppiaggio quando questo riesce – o meno – a sopravvivere al passare degli anni e al cambiamento di gusto.
Cosa è cambiato ancora?
Quando in America sono emersi attori come Al Pacino e Bob De Niro, anche i doppiatori di casa nostra dovevano cambiare. Così come solo venti anni prima uno come Dustin Hoffman non avrebbe mai potuto avere un ruolo da protagonista, anche un doppiatore come Ferruccio Amendola non avrebbe mai potuto prestare la voce ad un primo attore. De Niro, Pacino, Hoffman gli sono rimasti cuciti addosso e – semmai – l’unico errore può essere stato che li facesse tutti lui.
Sono cambiati anche i soldi…
L’avvento della tecnologia ha sicuramente velocizzato tutto, e c’è stata un’accelerazione sui tempi del doppiaggio, ma non sempre in favore della qualità. Tutti lavoriamo con ritmi molto serrati. Basti pensare che nel 1979 Apocalypse Now! è stato doppiato con 100 turni di doppiaggio, mentre la versione Redux, più lunga di quaranta minuti, l’abbiamo doppiata solo con soli 33 turni! E’ chiaro, però, che ci sono dei limiti che non si possono superare. Bisogna lavorare in fretta, ma agevolmente, altrimenti il rischio è quello di danneggiare l’opera di doppiaggio.
Alla qualità non si può rinunciare. Non bisogna dimenticare che più di vent’anni fa il cinema incassava tantissimo. C’erano molti soldi a disposizione e un attore che aveva la parte da protagonista poteva comprasi la Cinquecento al suo primo film importante. Cosa che rapportata ai parametri di oggi è assolutamente impensabile.
A differenza dei suoi colleghi lei deve curare i doppiaggi anche
i sequels (straight on video) come Atlantis 2 - Il Ritorno di Milo, Cerentola 2, Il Gobbo di Notre Dame 2 e – al tempo stesso – anche le nuove edizioni cinematografiche di
seguiti di film famosi come Peter Pan 2, Il Libro della Giungla 2. Cosa significa per lei questo tipo di lavoro?
Il Dvd ci obbliga a fare dei doppiaggi sempre e comunque molto curati. Noi cerchiamo di ovviare alla non disponibilità degli attori del doppiaggio originale, cercando di trovare delle voci simili o comunque compatibili. Non sempre, però, ci si riesce. Nel caso de Il Re Leone – Hakuna Matata che uscirà in futuro abbiamo il problema di dovere sostituire Vittorio Gassman. Anche per Il Re Leone nella nuova versione che uscirà prossimamente in Dvd abbiamo potuto utilizzare gran parte delle battute originali chiamando un attore dalla grana vocale simile a quella di Gassman solo per qualche parola. Se avesse dovuto recitare 30 righe, sarebbe stato un disastro. Le voci caratteristiche sono quelle più complesse da sostituire. Altrimenti, in genere, ci si riesce sempre con risultati discreti. In genere noi siamo sempre fedeli o alla versione originale oppure a quella italiana. Nel caso de Il Libro della Giungla 2 abbiamo usato come modello il doppiaggio italiano, perché quello americano, pur con talenti mirabili come John Goodman e Haley Joe Osment, non era fedele all’originale in inglese. Noi abbiamo così cercato una voce più vicina a quella del grande Pino Locchi che aveva doppiato all’epoca Baloo.
Qual è la sua opinione sulla moda di doppiare di nuovo film
come E.T. - L'Extraterrestre e C’era una volta in America?
Io preferisco il doppiaggio originale che ritengo opportuno inserire in una traccia mono del Dvd per gli estimatori. Spesso di fronte ad un Director’s Cut che impone aggiungere voci, ci si trova di fronte ad un dilemma. Anche ridoppiando solo in parte un film ci si trova nei guai dal punto di vista tecnico, perché il cosiddetto soffio che era caratteristico del nastro magnetico, è molto difficile da rendere compatibile e integrare con i nuovi doppiaggi digitali. Alla fine, però, ci si riesce.
Spesso, però, devo dire i problemi di diritti e di scelte tecniche di base impongono operazioni non facilmente comprensibili a prima vista. Una major ha sempre tutto l’interesse a non deludere il proprio pubblico. Quando accade, vuole dire che emergono altri tipi di problematiche.
Del tipo?
Nessuna major potrebbe fare uscire un Dvd con dei buchi di audio o delle distorsioni.
Sulle tracce mono, questo può capitare, anche perché la conservazione dei materiali, spesso, può dare qualche problema. Le cause, però, possono essere molteplici e – probabilmente – spesso ignote perfino alla filiale italiana. Per alcuni vecchi doppiaggi mancano totalmente i documenti. Non ci sono liberatorie, né tanto meno è chiara la proprietà.
Non sarebbe meglio – a quel punto – mettere dei sottotitoli
sulle parti mancanti come nel Dvd di Lawrence d’Arabia piuttosto che fare operazioni ‘a macchia di leopardo’?
No, perché su un Dvd la versione originale con i sottotitoli c’è. Chi vede il film in italiano desidera che sia tutto doppiato.
La qualità dei materiali è sempre buona?
No, purtroppo, molti nastri magnetici si sono rovinati. Fino all’introduzione del Dat, tutto è stato molto precario. I luoghi di stoccaggio erano dei magazzini che – spesso – mancavano perfino dei deumidificatori. Del resto – all’epoca – si pensava che il cinema fosse un prodotto di rapido consumo. Chissà? Certamente un po’ di incuria e tanta incapacità hanno fatto sì che lo stato dei materiali audio – da uno a dieci – sia valutabile intorno al quattro.
Che nastri venivano utilizzati?
Principalmente da un quarto di pollice. Simili a quelli del mitico ‘geloso’…!
Come si distingue un doppiaggio buono da uno cattivo?
Io sono convinto che il miglior doppiaggio è quello che non si sente. Se uno si accorge che il film doppiato e per un istante pensa che quell’interprete possa parlare un’altra lingua, allora il doppiaggio è fatto male.
Un’ultima domanda: sul web gira la teoria della cospirazione secondo cui la Disney avrebbe acquisito i diritti dei film di Hayao Miyazaki per ‘rovinarlo’ ostacolandone la distribuzione. Cosa ne pensa?
E’ una scemenza che non merita di essere commentata. E’ assolutamente falso. Addirittura quando doppiamo i suoi film ci avvaliamo dei maggiori esperti di animazione nipponica e del cinema di Miyazaki. Questo per comprendere al meglio nell’utilizzare alcuni tipi di attori e alcune scelte artistiche che se io le facessi qui in Europa, verrei licenziato il giorno dopo.
Del tipo?
Spesso utilizzano donne mature per dare la voce a delle bambine. Da noi se dobbiamo doppiare una bambina di 5 anni, cerchiamo una bambina di cinque anni. In pubblicità, invece, si usano delle ragazze. Ma questo è impensabile nei doppiaggi Disney. Personalmente trovo straordinario il lavoro di Miyazaki. Del resto da poco abbiamo finito di doppiare Porco Rosso e Labda e io mi sono confrontato moltissimo per il doppiaggio con la sua produzione di Tokyo. Noi curiamo i film prodotti da lui come se fossero titoli di casa Disney.
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